"Versione "lunga" di un cortometraggio di un paio d'anni fa, risultato di una sorta di collage fra due novelle del trasgressivo americano, LUNE FROIDE è probabilmente la più azzeccata fra tutte le storie di ordinaria follia di Charles Bukovski che il cinema abbia tentato (Ferreri, Schroeder, per non parlare di Deruddere). Merito tutto di questo stralunato attore francese al suo esordio come regista, e del suo compare in tragicomiche sbevazzate e notti al bar, al solito perfetto Jean-Francois Stevenin.In un bianco e nero destinato a lavare da ogni infamia, gli scherzi atroci (alcuni spassosi, altri un po' goliardici), terminano in quello ormai celebre che lo scrittore ha intitolato eloquentemente "A copulating Mermaid of Venice": con il dettaglio, omesso e non insignificante, che la sirena veneziana in questione è ormai defunta.
Pur nell'eccesso, Bouchitey ha un coraggio: quello di non volersi rifugiare nel non detto del fantastico. Anche quando Stevenin si allontana in mare (lui che è incapace di nuotare) portandosi la sua bella deceduta fra la braccia, il regista filma il reale, al limite l'ipereale.. Così gli riesce, quasi sempre, poesia: o, alla peggio, uno sguardo all'ambiente, alla gente, alla vita che gli sta attorno. Disperata, certo, ma non più morta della sua bella.
Affiorano allora, tra le pieghe trasgressive di un film che piacerà ai giovani, i ricordi di quel realismo poetico che piaceva tanto a Carnè e Duvivier: certo, rivisto da Reiser, non da Cocteau...
Aggrapparsi alla realtà, anche quando questa sembra sfuggirci fra le dita come la sabbia di una spiaggia della Bretagna, sembra essere la regola d'oro del film."